martedì 3 agosto 2010

BIONIC vs /\/\/\Y/\

Avete presente un taumatropio? É un gioco risalente all’epoca vittoriana, un dischetto sulla quale sono stampate due immagini, una per ogni lato. Solitamente un uccellino da una parte e una gabbia dall’altra. Facendolo roteare velocemente, grazie alla persistenza della visione nella retina, le immagini si combinano e ZAC! l’uccello cade in gabbia.

Ascoltando le ultime uscite della Aguilera e di M.I.A. mi è saltata in mente quest’immagine e mi ha spinto a trattare in modo congiunto le due recensioni valutandolo più dal punto di vista fenomenologico che da quello strettamente musicale e tecnico.

Va da sè che la gabbia rappresenti la Aguilera (è ancora fresco il ricordo di “Dirrty” con lei in versione gallo da combattimento calata in scena in una capponaia) mentre a M.I.A. spetti il ruolo dell’uccello ad ali spiegate ( “I was born free” ci urla nel primo singolo).

Ma cosa cosa c’azzeccano assieme colei che nel sangue ha più etnie di una campagna della Benetton con la ragazzaccia inglese di origini tamil? A parte l’incarnato non propriamente WASP e l’indole innata per la provocazione direi niente. La prima infatti è sempre stata coccolata dal mainstream, nata ad hoc come prodotto musicale, come ugola d’oro per il pubblico americano e oltre, la seconda invece si è indurita la pelle facendosi spazio a furia di spintoni dallo Sri Lanka ai club londinesi e infine a NY, un’affascinante terrorista i cui video fanno paura anche ad MTV.

Con l’arrivo di Bionic e di /\/\ /\ Y /\ (un’alternanza di slash e slosh che formano il suo nomignolo, Maya) le due bad girls sembrano aver trovato qualcosa in comune.

L’esprit libre M.I.A. torna ad assoldare la squadra vincente di Kala, il disco precedente che l’aveva finalmente spinta nella rosa mistica dell’hype mondiale, continuando a creare synth al limite dell’harsh (le chitarrone degli Sleigh Bells in “Meds & Feds” così come la sega elettrica di “Steppin’ up” sono un vero e proprio affronto ai timpani), ma i suoni questa volta appaiono parcellizzati e rifratti nello spazio come lente meteore senza una meta precisa. La novità invece sta nella presenza di una componente decisamente popular, come se la ragazza avesse voluto sfidare le concorrenti in classifica con le stesse armi pop (“XXXO” su tutte, che potrebbe benissimo essere uscita dalla bocca leonina della Aguilera).

Per dar vita a Bionic invece, Xtina ha raccolto un tal numero di collaborazioni che non si capisce davanti a chi e a quanti possa essersi pronata. Ospiti, tra l’altro, esclusivamente di sesso femminile. Un gineceo arredato con pannelli in lamina d’acciaio e chilometri di latex, una rivisitazione sci-fi del “bagno turco” di Ingres colmo di ragazze pronte a riscattare (ancora?!) il ruolo della donna. Pronte a picchiare duro quanno ce vò ma anche capaci di ripieghi introspettivi. L’album sembra essere tagliato in due ad hoc, diviso tra una prima parte aggressiva e sincopata e una seconda più standardizzata con le immancabili ballads . Tra le invitate spiccano Linda Perry e Sia ai testi, Peaches, Ladytron, Le Tigre e, guarda un pò, M.I.A in “Elastic Love”.

Ed è proprio in questo brano che accade l’epifania e si produce l’illusione. É impossibile discernere le voci. Gli spiriti opposti si attraggono e formano uno spettro affascinante e temibile. L’uccello è in gabbia.

Dati i presupposti teorici e la prova vincente di “Elastic Love” c’era da aspettarsi due album notevoli. Peccato che sulla carta le due prove falliscono a metà. Da un lato la Aguilera ci mostra una maschera inedita, rafforzata soprattutto dalle collaborazioni, ma le prove restanti sono decisamente opinabili, molte da saltare a piè pari (imbarazzanti le citazioni di “Get the party started” di Pink e “4 Minutes” della Ciccone sfacciatamente riproposte in “Prima Donna”). E per quanto riguarda M.I.A., a parte “Born Free” (una cavalcata selvaggia sullo stallone Suicide) e qualche altro caso sporadico, la frammentarietà dei motivi (colpa anche di una produzione sinceramente moscia) si trasforma spesso in tedio, sensazione acuita anche dal fatto che la fanciulla ci aveva finora abituato a standard piuttosto elevati.

Quando Christina prova il camouflage oversize di M.I.A. e questa in cambio si infila a stento nelle porno tutine della Aguilera il risultato è goffo, non convince. Sempre dentro di metafora, se le due avessero consultato un fashion advisor avrebbero certamente trovato il giusto outfit, il simbolo di una combo che avrebbe visto avvicinare due donne non poi così distanti.


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